Ritratti: scrittori del nostro tempo Maurizio Piscopo incontra Antonio Patti | Ripost

2023-02-22 18:25:18 By : Ms. Ellen Chen

Tra queste pareti di terra

Con questi raffinatissimi versi che ci fanno sognare un mondo vivo e vero, pieno di alberi e con i colori delle stagioni, inizia l’intervista al medico- scrittore Antonio Patti che ho incontrato nei miei giochi infantili nella piazza principale di Favara, nelle mie fantasticherie, nei viaggi in campagna con una seicento multipla bianca guidata da Lillo suo fratello. Antonio oltre a conoscere i segreti delle piante, come medico sa scrutare i tormenti degli uomini. E’ un artista particolare, un medico osservatore e attento in un paese bizzarro e strano che ha smarrito la sua strada da anni… Mi ha colpito molto una sua dichiarazione : “Noi non siamo i padroni della Terra, siamo di passaggio. Dobbiamo lasciare il mondo ai nostri figli, ai nostri nipoti con lo stesso amore con cui i nostri genitori e nonni lo hanno lasciato a noi”…

-Antonio ti conosco da bambino, da quando facevi le rappresentazioni nei cortili e preparavi una sorta di pièce teatrale “La via migliore”. Cos’è rimasto di quell’Antonio Patti, che ho conosciuto nel cuore storico di una Favara che esiste solo nella mia fantasia?

Tantissimo e, a volte temo, nulla. La vita mi ha costretto a maturare e a fare delle scelte pratiche, ma quel bambino continua imperterrito a guidare i miei passi e, soprattutto, i miei sogni. Anche oggi, nelle scelte più difficili, è sempre a lui che mi rivolgo: a pensarci bene mi ha adottato. Di solito è l’adulto ad adottare il bambino. “La via migliore” era il titolo di un giornalino di una banca e serviva ad educare, fin da bambini, al risparmio. Per certi versi è stato un investimento. Mi piaceva il titolo della testata perché ero convinto (e a maggior ragione ora da adulto) che soltanto nell’Arte, nella Bellezza possiamo trovare la via migliore per vivere e relazionarci con gli altri. Tutti i soldini messi da parte servivano a comprare carta, colla e colori per creare le scenografie degli spettacoli. Alcuni attori di quella “compagnia teatrale” hanno fatto davvero teatro nella vita e con ottimi e brillanti risultati. Il capocomico, invece, si è tuffato nel palcoscenico del lavoro, nel mondo sanitario. Anche quello è un teatro con tutti i suoi generi, dalla tragedia alla commedia e, persino, la farsa.

-Un tuo ricordo dei coniugi Battaglia, giocattolai e sognatori palermitani …

I coniugi Battaglia li ricordo molto bene e alcune volte tornano a popolare, ancora oggi, i miei sogni. Ricordo perfettamente ogni angolo della loro casa – spelonca, i meravigliosi giocattoli di legno e latta che creava Tanino e il bombolone di caramello, che entrambi modellavano con infinita pazienza e con tanta forza. In “Estati felici” Fulco di Verdura ricorda un episodio della sua infanzia dorata palermitana: vedeva durante le passeggiate alla Marina il dolciaro con un lungo caramello appeso a un grosso gancio: in una mano teneva un cronometro e nell’altra una bacchetta flessibile. I bambini, dopo aver versato l’obolo a questo Caronte un po’ carogna, avevano diritto a leccare il caramello per una decina di secondi. Allo scadere del tempo partivano le scudisciate prima leggere e poi sempre più violente. Ovviamente partivano prima se il ragazzino tentava di morderlo. Tanino e Pippineddra, invece, lo tagliavano in tanti pezzi, tutti uguali, che poi incartavano nella carta oleata. Il colore cambiava, ma il caramello era sempre di un rosa chiaro.

I giocattoli venivano tirati fuori dal legname d’imballaggio e le parti in metallo dalle buatte (barattoli) di salsa da cinque chili perché allora la salsa si vendeva al dettaglio prendendola con una paletta di legno, che veniva appoggiata su un foglio di carta oleata. A suo modo Tanino Battaglia ha anticipato la cultura del recupero del materiale di imballaggio e dei rifiuti riciclabili. C’è un’immagine molto bella in un vangelo apocrifo: Gesù Bambino gioca con il fango e crea farfalle, uccellini, conigli, ecc., che man mano prendono vita e incominciano a volare o a saltellare. Tanino Battaglia, a modo suo, faceva questo con le buatte destinate ad essere altrimenti buttate nella spazzatura. Con il legno creava il manico, che serviva al bambino a spingere e a far muovere il meccanismo ad ingranaggi, che metteva in moto ali, tamburini, piatti o manine appena abbozzate; alla bambina serviva a far muovere le mani e la testa alle bamboline di latta. Era un tipo molto creativo. Peccato che si sia fatto sconfiggere dal vino, dove annegava l’amaro della sua misera esistenza. È morto vedendo demoni e altre figure mostruose, causate dalla sindrome di Korsakoff, che colpisce spesso gli alcolisti cronici. I coniugi Battaglia mi ricordano Gelsomina e Zampanò nel film “La strada” di Federico Fellini.

-Perché non ti sei mai trasferito al nord o in una grande città, avresti avuto maggiori opportunità come medico e, soprattutto, come scrittore?

Bella ed impegnativa questa domanda. O si scappa dalla Sicilia senza voltarsi indietro come il proiezionista Alfredo consiglia e impone a Totò nel film “Nuovo Cinema Paradiso” di Peppuccio Tornatore per tentare altre strade o si resta patella di scoglio. Io sono rimasto, non come patella, ma come pianta radicata nello stesso vaso del balcone di casa dei miei genitori, in Palazzo Cafisi, a guardare il mare e la campagna verso la contrada Deli. Poi questo stesso vaso l’ho spostato nella mia abitazione. Ho svolto tutta la mia attività lavorativa in provincia di Agrigento con alcune propaggini in quella di Caltanissetta; precisamente a Mussomeli, Bivona, Mussomeli e poi Favara e Agrigento come specialista ambulatoriale e Agrigento, Lucca Sicula e Camastra come medico di Guardia Medica all’inizio; gli ultimi anni all’ospedale San Giovanni di Dio.

Una vita, quella dei miei primi anni lavorativi, molto impegnata e sacrificata, dove ho anche inserito due specializzazioni conseguite una a Palermo e l’altra a Catania. Ho trascurato e sacrificato la mia attività di scrittore così come sognavo nei miei anni di liceo e università anche se ho pubblicato articoli e saggi di Medicina, Botanica e di critica letteraria e artistica oltre alla curatela di libri altrui, ai quali spesso ho scritto prefazioni o postfazioni. Ho pubblicato, oltre che una plaquette di poesie, un romanzo sperimentale “Alberto e la città” con la casa editrice Tracce di Pescara e una storia sull’Aloe, “Specchio d’aloe” con Nuova Ipsa Editore. Con Medinova, dell’amico fraterno Antonio Liotta, il piccolo pamphlet “Povero pero, quasi un apologo”. Ho alcuni inediti da rivedere ed eventualmente pubblicare.

-Chi non ama i fiori non sa amare le donne. Il tuo rapporto con i fiori nasce da molto lontano…

Fin da bambino ho avuto un rapporto molto intenso e di vera amicizia con le piante. Nel giardino vecchio, vicino al ponte Tre Archi della ferrovia a scartamento ridotto, avevo un mio inviolabile fazzoletto di terra: un paio di metri quadrati, dove nessuno poteva mettere piede; il mio sancta sanctorum, il mio àditon. Lì, appena finivo i compiti, andavo tutti i giorni a coltivare le mie piante. Spesso si trattava di piante povere, oggi definite erbe infestanti, raccolte lungo la strada che mi portava da casa in campagna, lungo la ferrovia. Così ho imparato a conoscere la loro vita, a capire il loro comportamento e a giocare e parlare con loro. Se mi dovessero chiedere chi fossero i miei compagni di gioco, risponderei immediatamente e senza alcun dubbio: i miei compagni de “La via migliore” e le piante, ma senza fare troppe distinzioni tra esseri umani e vegetali. Ero così sintonizzato sulla loro frequenza d’onda da sapere in partenza, prima ancora di partire da casa, che avrei trovato i funghi nella ceppaia del fico Bianco Dottato, i fiori aperti di alcune piante e quali farfalle trovare sulla Lantana camara; mio padre è stato il primo in assoluto a piantare due esemplari di questa specie, oggi molto comune. Può sembrare assurdo, ma sapevo. Ancora oggi indovino quando troverò aperto il fiore di questo o quell’altro cactus. La cosa non mi meraviglia perché la prima parola che ho pronunciato è stata calla perché ero affascinato da questo strano fiore. Oggi sarebbe impossibile perché, nel frattempo, ne hanno cambiato il nome in un impronunciabile Zandeteschia. Non posso dimenticare la sensazione di estatica meraviglia quando ho notato, per la prima volta nella mia vita, delle piccolissime piante con dei fiori a forma di api. Ero al cospetto di alcune orchidee selvatiche del genere Ophrys. Quegli occhi incantati di bambino innamorato delle piante si riaprono ancora oggi ammirando piante in fiore.

Paradossalmente nessuna. Ed è proprio questo il loro vero dono. Nel Buddismo e nello Zen riuscire a astrarsi del tutto dal mondo, emozioni comprese, è il raggiungimento della perfetta pace interiore che soltanto l’estasi mistica può dare.

-Se un uomo al primo appuntamento si presenta con tre tulipani la donna ha meno paura di essere aggredita. Sono cambiate le donne prima fragili, ora emancipate o gli uomini timorosi ed insicuri, che non accettano quando un amore finisce e credono sempre che la donna sia un loro oggetto personale?

Questa è una delle più grandi tragedie del nostro tempo. C’è sempre stata, purtroppo, ma oggi dovremmo avere gli strumenti, anche culturali, per eliminarla. È un vero dramma, una malattia sociale difficile da combattere anche perché la società, in cui viviamo, è una società violenta, e che di violenza si nutre. Le donne giustamente reclamano ed esigono pari opportunità e pari dignità, che andrebbero estese a tutto il variegato mondo dei generi. Questa necessaria e opportuna esigenza di parità ha messo in discussione degli equilibri, che erano squilibrati a favore del maschio dominus, che non trova più un soggetto più debole su cui comandare e/scaricare le proprie angosce e frustrazioni. Parità di lavoro e parità decisionali. Indietro non si torna e non si deve tornare. Il vero sesso debole è il cosiddetto sesso forte. Ne deve fare di strada il maschio per trovare un’altra dimensione, trovare parametri basati non sul peso delle forze in gioco, ma sulla complementarietà dei sentimenti menti e delle capacità. Non forza, ma qualità, non violenza, ma pacifica e serena coesistenza. Dobbiamo cambiare la società, la sua cultura, la sua economia. Certo che occorrono strumenti giuridici idonei, strumenti sociali di welfare, di educazione, ma anche prevenzione perché non si arrivi più a commettere violenza di genere e contro ogni genere. Sanzionare duramente ogni comportamento violento da parte delle persone e i comportamenti omissivi e, peggio ancora, complici degli organi di stato, che talvolta prosciolgono con vergognosi cavilli e bizantinismi. Non si può più sopportare una sentenza di assoluzione sulla lunghezza di una gonna o sul numero delle coltellate inferte o facendo conto della loro profondità. Siamo seri. La strada è ancora molto lunga, ma dobbiamo essere tutti impegnati contro questo flagello. C’è tanta violenza in giro e quella che viene raccontata sui media è soltanto la punta di un immane iceberg, che ci potrebbe affondare tutti.

-Molti dicono di aver letto molti libri, probabilmente non li capiscono, ad alcuni non fanno nessun effetto, talvolta peggiorano i loro comportamenti …

Vivo di libri e con libri. Sono letteralmente circondato dai libri. Quando qualcuno vede i miei libri mi domanda se li ho letti tutti. Ovviamente no rispondo: mancano i libri che mi sono fatti prestare o che ho letto in biblioteche. Non è una battuta anche se può sembrarlo. Poi aggiungo che molti libri stanno lì per consultazione. Quando ho necessità di creare o ampliare una specifica bibliografia inizia la caccia ai libri che mi mancano. Ormai leggo pochissima narrativa, ma, in compenso, molti libri di poesia contemporanea. La poesia oggi è ancora più necessaria di prima. In un mondo in cui tutto scorre velocemente, compresi i romanzoni, che si leggono tutti d’un fiato coi polmoni di Enzo Maiorca, è fondamentale, vitale, fermarsi su una poesia, che richiede il tempo della distillazione e della meditazione. Il silenzio che nutre chi quel verso lo ha scritto e chi quel verso lo legge. I libri non migliorano, contrariamente ai desiderata e alle convinzioni degli illuministi, ma possono aiutare a migliorare. Difficilmente, però, chi non ha intenzione di coltivarsi legge libri perché non ne sente la mancanza. Basta e avanza l’abbonamento a una tv a pagamento con tanti bei documentari su tutto e su nulla. Coltura e cultura sono, in fondo, un’unica cosa e affondano nello stesso humus. Lo steso humus che ha dato il nome alla nostra specie.

– Qual è il potere di un libro in una società che corre dietro alle Tv di cento pollici e crede che il Tg sia il nuovo Vangelo ?

Da anni non guardo più la televisione. Il tempo è poco: o leggo e studio. Leggo e studio. Il libro è un mezzo caldo, secondo Noam Chomsky, in quanto costringe il lettore ad essere un attore attivo, a creare, a fare, a immaginare, a pensare. La televisione è, invece, un mezzo freddo perché lo spettatore è passivo e si beve, si intossica, giorno dopo giorno, di idee instillate dagli altri, da chi detiene il potere. Non dimentichiamo che i primi tentativi di televisione sono stati condotti da goebbels (minuscolo d’obbligo) ai tempi di hitler. Chi detiene la comunicazione dei mass media detiene il potere. Ne abbiamo amare esperienze nell’Italia di oggi e negli Usa di Trump. Non dico di arrivare a scelte estreme come la mia, ma ogni tanto consiglio di leggere un buon libro e, soprattutto, di invogliare i propri figli a farlo. Oggi i ragazzi sono ancora più sfortunati perché hanno il mondo del web, che ha sostituito con una informazione liquida ed evanescente la cultura sedimentata e sudata di una volta. Anche la loro memoria sarà liquida ed evanescente e l’analfabetismo di ritorno è proprio dietro l’angolo. Se vogliamo dare speranza e certezze alle nuove generazioni lo possiamo fare invogliando in loro l’amore per i libri. A proposito di Vangelo. Leggo in maniera molto critica, consultando spesso anche il testo originale greco, i Vangeli, figuriamoci se per me può essere Vangelo un TG! Soltanto la creazione di una cultura critica e confrontando tra loro più fonti ci si può formare un’opinione la più vicina possibile alla verità e torniamo a Noam Chomsky.

-C’è un libro che ha cambiato la tua vita?

Più di uno e per motivi molto diversi. Sul piano spirituale mi ha letteralmente cambiato la vita, e pure la religione, l’Autobiografia di uno Yoghi di Paramahansa Yogananda. Per circa vent’anni ho seguito il suo regime religioso anche se con alterne vicende e tra mille difficoltà della vita. La ricerca della Verità e, soprattutto, della pace interiore attraverso lo scavo continuo dentro la mia coscienza, cercando di purificare anima e corpo anche attraverso un regime alimentare vegetariano, che ammetteva solo le uova non fecondate (da allevamento industriale).Credo che mi abbia giovato molto la pratica dello yoga e del Kriyā Yoga in particolare. Sul piano letterario l’incontro full immersion nelle opere di Dostoevskij forse a un’età molto giovane: ero studente ginnasiale. Così pure l’incontro con, la poesia prima e la prosa poi, Cesare Pavese. Più tardi con le opere di Italo Calvino e Raymond Queneau, due autori patafisici, che mi hanno avvicinato a un altro modo di concepire la letteratura; a loro si aggiungerà Borges. Ma sul piano letterario e filosofico l’autore che più mi ha influenzato è stato George Bataille: ancora oggi il suo modo di vedere la vita è alla base di ogni mia ricerca nel mondo della conoscenza. Ben presto si aggiungerà Roger Caillois. I francesi! Non ci si può facilmente liberare, fortunatamente, di loro. Da ragazzo ho letteralmente divorato tutto Jean Paul Sartre, tanto per aggiungerne un altro. Non tanto per le sue opere strettamente filosofiche, ma quanto per le sue opere narrative e, principalmente, teatrali. Come teatro anche Ionesco e Beckett. Praticamente la mia biografia è una bibliografia: libri su libri su cui ho consumato e continuo a consumare la mia vita.

– Il rispetto dell’ambiente in Sicilia è vivo nella provincia di Ragusa, ma è scarsissimo nel resto della Sicilia …

Questa è una piaga. Secondo una leggenda dice Dio creò l’isola più bella del mondo, la Sicilia, ma il demonio tentatore gli suggerì di creare i siciliani …I siciliani, non tutti però, sono i peggiori nemici di sé stessi e della loro terra. Eleggono i peggiori politicanti, possibilmente con frequentazioni poco raccomandabili, eliminano i pochi politici che combattono la corruzione come, ad esempio, Pio La Torre. Nonostante tutto, per nostra fortuna, pur se con tante contraddizioni e con tante difficoltà, una gran parte di siciliani vuole una vera e propria rivoluzione etica, che passa anche attraverso la difesa dell’ambiente. Pulizia e rispetto dell’ambiente sono, innanzitutto, pulizia interiore. È una sofferenza percorrere le nostre strade, tutte quante lastricate di buste di rifiuti abbandonate ai loro bordi e che col vento e la pioggia poi finiscono in mezzo alla carreggiata provocando pure gravissimi incidenti o, in ogni caso, a mare. Basterebbe incrociare le banche dati di banche, anagrafe, fornitori di luce, gas e telefonia per far saltare fuori tutti coloro che non vogliono pagare lo smaltimento dei rifiuti e stangarli a “coriu di mulu”. Unica comprensione per i poveri veri, che andrebbero aiutati. La Sicilia ha come sua unica ricchezza l’ambiente, su cui poter investire e con cui creare lavoro e ricchezza: agricoltura, pastorizia, pesca, turismo, cultura, artigianato, industria alimentare, ecc. hanno necessità di avere un ambiente sano e decoroso. Questo deve valere in ogni angolo della Sicilia e non soltanto nel Ragusano, che già ai tempi del poeta latino Marziale vantava il miglior miele di tutto il mondo, allora conosciuto, “miele migliore di quello attico”, parole sue. Per avere miele e altri prodotti di eccellenza bisogna avere un ambiente eccellente e pulito.

-I politici sono lontanissimi dai veri problemi della gente, ma pontificano in tv, si fanno intervistare dietro pile di libri, che non hanno mai aperto. Sono bravissimi a vendere fumo …

Ci mancava pure la vendita di fumo da parte di quasi tutta la classe politica siciliana per aggravare il problema dell’inquinamento. Già di fumo e di polveri sottili sono piene certe segrete stanze di palazzi importanti. Un bibliofilo come me subito nota i libri intonsi e, come mi è pure capitato di notare in un’intervista a un politico emergente, ancora cellofanati! Mi diceva il mio ex libraio di fiducia (ex perché nel frattempo ha dovuto chiudere la sua fornitissima libreria) che poco tempo prima era andato a trovarlo uno con una richiesta non molto strana: voleva alcuni metri di libri finti per riempire la libreria appena comprata. I libri di parata o da parati come quelli dei negozi di arredamento! Poi ha optato per libri veri, ma ha chiesto libri di autori siciliani (la famosa identità siciliana!) purché dello stesso formato e nei colori, che più si adattassero al colore del ciliegio.

Da un “non lettore” così che politico o che politica ti aspetti? Sicuramente un politico con gli stessi libri finti o veri, ma da ornamento, che cerca lui. I danni devastanti sono sotto gli occhi di tutti.

-Cosa rimane del mondo contadino, dei barbieri, delle serenate, delle lotte degli zolfatai?

Del mondo contadino credo, e spero, molto. Contadino scarpe grosse e cervello fino. Quante belle chiacchierate con i contadini specialmente di una certa età! Quanto ho appreso da loro. La cultura materiale, che posseggono, dovrebbe essere diffusa e tutelata. Dovrebbe avere il riconoscimento di bene immateriale dall’Unesco. Non c’è cosa nel loro mondo che non abbia la sua spiegazione logica perché va fatta in quel modo e non in un altro. La stessa testardaggine e sapienza dell’amico asino. Una sapienza collaudata da millenni di esperienza e ricerca di soluzioni ai vari problemi, che si devono affrontare e risolvere. Molte colture oggi sono intensive, ma poi andiamo a cercare le verdure del nostro vecchio contadino; biologiche ante litteram. Magari un maggior dialogo tra le diverse pratiche agricole per umanizzare quelle intensive e rendere più remunerative quelle tradizionali, ma sempre restando ancorati al rispetto sacro verso la terra e la Natura. Del mondo dei barbieri di una volta apparentemente poco o nulla. Ma stranamente a Favara il barbiere non va in pensione. Smette l’attività di barbiere, ma inizia, con gli stessi orari, l’attività di operatore culturale e sociale. La sua ex barbieria diventa un centro di aggregazione degli ex clienti, nel frattempo diventati suoi amici, invecchiati nel tempo, con lui. È una cosa straordinaria. Finché resisteranno loro il tessuto sociale e aggregativo rimarrà nei nostri centri storici tra una partita a dama o a briscola o a scacchi. Ogni tanto la chitarra tolta dal chiodo e una bella cantata. Del mondo degli zolfatai molto meno. Intanto bisognerebbe informare le nuove generazioni su questo periodo molto importante del nostro passato. Contadini e zolfatari hanno fatto la resistenza contro il latifondo e lo sfruttamento. Ricordo gli scioperi degli anni fine cinquanta e sessanta del secolo appena trascorso. La speranza di un vero cambiamento era tangibile in quel periodo. Poi la classe politica, gli agrari, i poteri forti hanno svenduto la Sicilia al potere centrale e alla mafia. Non dimentichiamo che il nostro concittadino Gaspare Ambrosini aveva disegnato una perfetta autonomia politica, economica e sociale per le regioni a statuto speciale con un enorme potere autonomo. La Sicilia ha giocato malissimo questa carta per colpa di molti suoi rappresentanti svenduti. Oggi di politici al livello di Ambrosini o Pio La Torre non ne abbiamo più e, sicuramente, non li farebbero operare, sempre ammesso che possano nascere o esserci.

-Greta Thunberg era solo una bambina quando protestava e tirava le orecchie alle scelte folli dei governanti gridando che la nostra casa stava bruciando. Ma è possibile che una ragazzina si debba assumere queste responsabilità?

E chi sennò? Chi ha avuto il coraggio di gridare che il re, l’imperatore, era nudo? Nessuno soltanto un bambino. Soltanto un ragazzo o una ragazza hanno il coraggio o l’incoscienza della loro età e possono, e devono, gridare che siamo nudi e che stiamo andando incontro alla catastrofe, ma con un’aggravante: noi, nel frattempo ce ne andremo per età, ma loro dovrebbero vivere o sopravvivere in mezzo alle macerie che abbiamo lasciato. Noi non siamo i padroni della Terra, siamo di passaggio. Dobbiamo lasciare il mondo ai nostri figli, ai nostri nipoti con lo stesso amore con cui i nostri genitori e nonni lo hanno lasciato a noi. Non c’è altro da aggiungere. Il migliore investimento che possiamo fare, anche dal punto di vista economico, è quello di rendere più vivibile quell’immenso patrimonio che è la Natura e che noi, invece, stiamo rendendo sempre più pericoloso e invivibile. Da folli. La nave dei folli siamo noi. I pazzi di Hieronymus Bosch hanno le nostre sembianze come giustamente li aveva ridisegnati il povero Franz Borghese.

-Medicina e potere. Con il Covid hanno scritto pochi giornalisti qualcuno si è arricchito. La malattia “arricchisce” le case farmaceutiche?

Le case farmaceutiche oggi sono delle potentissime multinazionali con bilanci molto più corposi e ingenti di molte nazioni e che riescono pure a imporre la loro politica, non solo commerciale, agli stati distruggendone la sovranità nazionale. L’abbiamo visto con i prezzi di certi vaccini. Ci siamo svenati pur avendo a disposizione vaccini creati in paesi poveri come Cuba o da consorzi universitari al solo costo di realizzazione. I recenti scandali europei dovrebbero far aprire gli occhi anche sulla prassi adottata per l’acquisto di alcuni vaccini. Con la scusa dell’emergenza ci siamo fatti strozzare e molti atti, stranamente, sono pure secretati!Il Covid meriterebbe tutta una lunga intervista perché queste zoonosi vengono non dal caso, ma dal caos che abbiamo creato noi devastando le foreste e abbattendo i “santuari” naturali dove certi virus erano isolati. Così torniamo alla Thunberg, che ha lo stesso nome di un bellissimo rampicante, la Thunbergia. Questa coincidenza è beneaugurante.

-Detto sinceramente, i governi combattono la mafia solo con le dichiarazioni roboanti sui giornali e poi fanno le leggi a loro favore e in cambio vengono ripagati con i voti di alcune regioni?

Se non fosse la nostra più grande tragedia ci sarebbe soltanto da ridere. L’unità d’Italia è stata realizzata grazie alla complicità di una nobiltà terriera decaduta e dalla mafia agraria dei loro campieri. La cosiddetta liberazione da parte delle truppe alleate, americane in primis, si è realizzata dopo precisi accordi tra gli Alleati e cosa nostra italoamericana, la restaurazione democristiana è avvenuta per mezzo della mafia degli ormai ex campieri e ora nuovi padroni dei latifondi. Da Portella delle Ginestre in poi non c’è attività politica centrale che non sia agganciata a cosa nostra. L’Italia è il paese di Pulcinella e dei tanti Pulcinella, ma i segreti sulle stragi sono ancora oggi top secret. Certe latitanze trentennali non si spiegano senza le coperture dello stato. “Pensare male è peccato, ma spesso ci si azzecca” chi l’ha detto, guarda caso, è stato riconosciuto colluso con la mafia, ma non condannato per sopraggiunta prescrizione. Le dichiarazioni antimafia di molti politicanti? Scrusciu ammatula e cubaita nenti, cioè molto rumore per nulla, “Much ado about nothing”: guarda caso è proprio questo titolo ad aver dato le ali all’ipotesi che William Shakespeare fosse di origini siciliane! Vogliamo vedere i fatti: il mantenimento e il rafforzamento delle misure di contrasto contro tutte le mafie sarebbe un ottimo parametro per discernere i finti antimafiosi dai veri. Non basta una foto davanti alla stele di Falcone o di Borsellino, magistrati molto scomodi quando erano vivi, ma ora buoni come souvenir istituzionali.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Coltivare le mie piante, coltivare le mie letture, coltivare la mia Musica con studi e ascolti; in altre parole coltivarmi. Vorrei continuare a scrivere e pubblicare qualcosa per non disperdere quanto appreso e maturato. Nel frattempo desidero svolgere tutte quelle attività, che ho sempre svolto e che mi piacciono come curare l’editing di inediti, preparare mostre o presentazioni di libri, divulgare la conoscenza e l’amore per le piante e la Natura come attualmente sto facendo con un corso di Giardinaggio e Botanica presso il Giardino Botanico di Agrigento.Il tempo di svolgere altre attività, che richiedono molta fatica fisica non sono più fattibili per età e stato di salute. C’è sempre un tempo come, saggiamente, ci ricorda Qoèlet 3.

Antonio Patti nasce a Favara nel 1950. Patologo clinico in pensione, con due specializzazioni, una in Igiene e Medicina Preventiva, conseguita a Palermo e l’altra in Ematologia, a Catania. Per anni redattore capo del trimestrale Progetto salute e di Prospettive mediche, rivista dell’Ordine dei Medici di Agrigento. Componente delle redazioni di Ades e di Fasis, impegnato da oltre mezzo secolo nella politica e promozione culturali, autore di Alberto e la città (edizioni Tracce), Il nostro cielo racchiuso (edizioni Ades), Il povero pero, quasi un apologo (edizioni Medinova), Specchio d’Aloe, l’Aloe tra mito e storia (Nuova Ipsa Editore), ha pubblicato racconti e poesie in libri collettivi, ha scritto recensioni, prefazioni e postfazioni, curato l’editing di numerose pubblicazioni e la presentazione di Mostre d’arte e Premio Adas per la promozione della donazione del sangue, in occasione del suo primo decennale, nel 1993; nel 1996 premio AIAS Sicilia per i risultati conseguiti nella coltivazione e nella promozione delle piante succulente; nel 2008 premio Pergamena Pirandello; dal 2010 Cittadino benemerito di Favara; nel 2015 Premio Pippo Montalbano; nel 2016 Targa Speciale dell’Ordine dei Medici di Agrigento. Da oltre dieci anni presidente della Giuria del Premio Ignazio Buttitta.

Le foto di Antonio Patti sono state scattate da Salvatore Indelicato.

Le notizie, se non riportate, non hanno alcun impatto. Tanto valeva che non fossero mai accadute. (Gay Talese)